Lo scroscio impetuoso della fiumara non si può certo dimenticare, ti rimane dentro l’anima, anche se hai lasciato la tua Gerace ad appena otto anni. Da allora, quella bambina di strada ne ha fatta tanta, nella comunicazione soprattutto, con una importante carriera nella maggior industria culturale italiana, che solo vivendo all’ombra del Colosseo puoi sperare di raggiungere. Anna La Rosa è stata il volto femminile del racconto politico in Rai, nel suo salotto televisivo è passato il Potere con la “P” maiuscola: oggi, dopo i 28 anni di Viale Mazzini arricchiti dalla direzione di Rai Parlamento, abbina l’impegno da imprenditrice a una nuova avventura giornalistica, la direzione de “La Discussione”, il quotidiano fondato da Alcide De Gasperi nel 1952, che nella sua versione online (www.ladiscussione.com) conta 90mila lettori unici. La Calabria e la Locride sono, comunque, il collante e la costante della sua quotidianità: “Insieme a mia figlia Allegra, la mia terra è perennemente nei miei pensieri. Del resto, racconta Anna La Rosa, c’è sempre un’occasione per pensare alla Calabria, soprattutto quando nel racconto mediatico emergono le brutture. Ecco, proprio in quei momenti penso ancora più intensamente alla bellezza della Locride, al lungomare di Locri, a Portigliola, a Gerace dove sono nata. Ci penso con rabbia in quelle circostanze, perché noi conosciamo l’altra Calabria, venata d’amore e nostalgia”. Già, l’amore per la Calabria, impetuoso come la fiumara di Dorìa: “E’ stata la colonna sonora della mia infanzia. A Roma, ho aspettato tanto e, finalmente, sono riuscita a trovare qualche anno fa una casa con terrazza sul Tevere per ricreare quella sensazione, anche se naturalmente non è la stessa cosa”. Sentimenti, odori, sapori che ti riportano sempre lì, a casa tua, anche quando prepari un’insalata di pomodori, col nostro origano dal profumo così intenso e unico al mondo”. Poi c’è la Capitale, la metropoli che ti avvinghia e ti fa sua, offrendoti opportunità e soddisfazioni: “La differenza è quella tra la famiglia d’origine e quella acquisita che non è comunque mai la tua fino in fondo: ecco, la prima per me è la Calabria; la seconda è Roma. Certo, continua la giornalista, se non fossi stata a Roma non sarei mai diventata direttore della testata giornalistica parlamentare della Rai”. È su quel direttore che l’attenzione si sposta sulla polemica del momento, quella della declinazione di genere: direttore o direttrice, quindi? A questo punto Anna La Rosa va dritta al cuore della faccenda: “E’ il nome che identifica il ruolo, trovo tutto questo un inutile scimmiottamento, non è questo che fa la differenza, anzi, ritengo che declinare il proprio incarico al femminile sia addirittura una diminutio”. Il ritorno a Roma è immediato. Perché romana di nascita è la sua adorata Allegra: “Mia figlia si sente calabrese, guai se qualcuno ne parla male. Per dirne una, lei frequenta da quando era bambina Nicola Gratteri, che è un amico d’infanzia, tanto da chiamarlo soltanto Nicola. E nonostante abbia vissuto in Cina, a Bruxelles, a Madrid, lei il peperoncino proprio non lo dimentica mai dalla tavola”. Anna La Rosa in Calabria ci viene sempre, ogni qualvolta arriva la proposta di moderare un dibattito anche nella contrada più sperduta e “Sempre a titolo gratuito”. “E non ci ho pensato su un attimo ad aderire, alla proposta di Francesco Macrì, di candidare la Locride a Capitale italiana della cultura per il 2025”. Una Calabria da raccontare con l’amore di sempre, quella stessa passione che sprigionava una sua cara amica passata troppo presto oltre l’orizzonte: “Jole la conosco da quando era iscritta alla facoltà di Giurisprudenza a Roma, è molto più giovane di me… Ecco, mi capita ancora adesso di utilizzare il presente quando parlo di Jole. Una ragazza allora vicina al Partito socialista, brillante, estroversa, bella, solare, mai cambiata negli anni, coi capelli fluenti e quell’ottimismo travolgente, lo stesso ottimismo che le ha permesso di affrontare la malattia col sorriso, anche se velato dalla sofferenza e dalla paura”. Una tragedia, quella di Jole Santelli, accompagnata da un altro recente lutto, che ha colpito la comunità calabrese romana e non solo: la morte di Antonio Catricalà “Uno dei miei migliori amici, quel giorno avevo un appuntamento nel suo studio alle 16, invece…”. Della presidente Jole Santelli, Anna La Rosa conserva il numero di telefono (“ho provato a cancellarlo, non ce l’ho fatta”) e soprattutto il ricordo vivo e concreto dell’ultima estate insieme: “Ogni anno veniva nella Locride a fine agosto, anche nella scorsa estate ha trascorso quegli 8-10 giorni, in albergo, a Roccella, passando le giornata al mare da noi a Portigliola e a Sant’Ilario. Di solito, veniva sola o in compagnia di Eva Catizone; questa volta c’era, invece, con lei sua sorella Paola, dalla Germania. Non l’ho mai trovata in forma splendida come la scorsa estate”. Le vacanze sul mare, fatte di racconti, sogni, progetti. “In una di queste serate, rievoca Anna La Rosa, siamo stati ospiti nella cornice meravigliosa di Palazzo Capogreco. Ecco, in quell’occasione mi ha preso da parte e mi ha mostrato sul suo telefonino, in anteprima, il corto di Muccino che tante polemiche ha poi raccolto. Il suo chiodo fisso era il turismo e voleva, con tutta se stessa, che la Calabria crescesse, soprattutto in questo settore. Mi aveva chiesto un impegno in tal senso e negli ultimi mesi stavamo proprio parlando di quello, di comunicazione, in particolar modo sul tema della cultura”. “Ci siamo sentite” chiude la giornalista, “il giorno prima della sua morte: nel fine settimana successivo, a Reggio, ci sarebbe stato il derby tra Reggina e Cosenza. Io sono tifosa amaranto, il presidente Luca Gallo aveva invitato lei alla partita e io le dissi che saremmo state insieme allo stadio per tifare Calabria”. Perché la Calabria si ama, sempre e comunque.